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Marche – Vini e liquori all’amarena e all’anice

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Marche – Vini e liquori all’amarena e all’anice

161b Mistra®Archivio fotografico Regione Marche
161b Varnelli®Archivio fotografico Regione Marche
161 Visciole®Archivio fotografico Regione Marche
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Archivio Fotografico Varie

Nelle Marche si segnalano alcuni vini e liquori speciali legati alla tradizione, riconosciuti come Prodotti agro-alimentari tradizionali (PAT), fra i quali si segnala il vino di visciola, a base di amarene selvatiche, e un liquore all’anice, il Mistrà, definito Sovrano correttivo del caffè.

VINO DI VISCIOLA
Il vino di visciola è un vino tradizionale dello jesino, bevanda alcolica da degustazione o da dessert, dolce e aromatizzata a base di visciole, una varietà di amarena selvatica ma più dolce, fatte fermentare nel vino rosso.
Una delle zone di produzione più importanti è la valle dell’Esino, in particolare San Paolo di Jesi, che ha una tradizione secolare e dal 2010 organizza una sagra dedicata proprio a questa bevanda, in genere a ottobre.
Una seconda zona di produzione è più a nord, nell’entroterra della provincia di Pesaro e Urbino, in particolare nei comuni di Cantiano, Pergola, Sant’Angelo in Vado e Sassocorvaro.
Le due aree si distinguono anche per il metodo di preparazione del Vino di Visciole.
Nella valle dell’Esino le visciole ben mature sono fatte macerare per tutto il periodo estivo fino all’epoca di vendemmia, in un recipiente di vetro con l’aggiunta di zucchero; poi, dopo la vendemmia, viene aggiunto del mosto pulito di uve rosse; da qui inizia la fermentazione, che si protrae fino a 12 mesi.
Nel pesarese, al contrario, le visciole fresche, raccolte fra giugno e luglio, vengono messe a macerare con vino rosso ottenuto nella vendemmia precedente, in parte intere e in parte schiacciate; dopo un periodo variabile da uno a quattro mesi, il composto viene filtrato e dolcificato e lasciato affinare in cisterne di acciaio inox, prima di essere imbottigliato.

IL MISTRA’
Il Mistrà è un liquore secco, tipico marchigiano, ottenuto da distillati naturali di piante aromatiche come l’anice verde e l’anice badiana.
Il nome è ripreso dall’omonima città fortificata del Peloponneso meridionale, non lontana dall’antica Sparta, conquistata dalla Repubblica di Venezia nel 1687; qui i veneziani scoprono l’ouzo greco, il distillato infuso di anice, e lo portano in patria, dove ha subito successo nei caffè di Venezia, ribattezzato “mistrà” in onore di quella vittoria.
A differenza dell’anisetta e della sambuca, entrambi dal sapore dolce, ha un gusto molto secco, che lo rende ideale per correggere il caffè, ma può essere bevuto anche liscio.
A Venezia era anche bevuto alla maniera dell’ouzo e del pastis francese, mischiato con acqua.
Viene introdotto nelle Marche alla fine dell’Ottocento da Girolamo Varnelli, mastro distillatore nell’area dei Monti Sibillini.
Si dice che lo scopo originario fosse quello di creare un decotto contro la malaria per i pastori transumanti in Maremma; in ogni caso viene apprezzato come liquore e si diffonde rapidamente nelle case contadine, dove spesso diventa ingrediente della pasticceria.
Varnelli è anche il marchio di fabbrica di un noto mistrà prodotto dalla Distilleria Varnelli, con sede a Muccia, in provincia di Macerata, che nel 1950 viene premiato come miglior prodotto del genere.

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