Matera e la murgia materana
A2 – Sicignano degli Alburni-Potenza
FASCINO ANTICO
Cartolina di una città tutta da scoprire. Gli scavi archeologici, che nell’area alta della Civita affondano fino a dieci metri di profondità, hanno permesso una scansione delle epoche che comincia dall’età del ferro.
Una intera città scavata nella roccia. Un luogo che testimonia l’avvicendarsi di epoche e popoli: diecimila anni di cambiamenti e trasformazioni, di arti e culture. Matera, capitale europea della cultura 2019, con la forza di un centro storico inimitabile nel quale i Sassi, Patrimonio dell’Umanità Unesco, rappresentano una ideale e straordinaria continuità temporale tra le comunità che dal paleolitico ad oggi hanno abitato in questa area tufàcea a ridosso della Murgia. Le acque della Gravina lambiscono così alle spalle, creando uno strapiombo, il complesso di antichi edifici della cui in caritevole vista si gode dopo circa due ore di auto, attraversando gran parte della Basilicata, dall’uscita Sicignano degli Albumi. Gli scavi archeologici, che nell’area alta della Civita affondano fino a dieci metri di profondità, hanno permesso una scansione delle epoche che comincia dall’età del ferro; quindi la dominazione greca e quella romana per poi balzare al periodo cristiano e bizantino, fino alle incursioni di barbari e saraceni, con la costante impostazione di una comunità agropastorale tenacemente ancorata a un territorio tutt’altro che agevole da abitare. Oggi, sono circa 60mila gli abitanti di questa città a 400 metri sul livello del mare divisa tra lo spettacolo dei Sassi, la parte medioevale e quella moderna.
E’ proprio lo sperone della Civita, sulla cui sommità troneggia la cattedrale cittadina costruita in stile romanico pugliese nel XIII secolo, a separare il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso, le due aree in cui si divide l’affascinante centro storico. Elevata al rango di Basilica Minore Pontificia, divisa al suo interno da tre navate con capitelli tutti diversi, custodisce tra i suoi tanti capolavori, il coro ligneo di Giovanni Tantino, la cappella dell’Annunziata di Altobello Persio e l’altare di San Giovanni da Matera. Dalla poco distante villa comunale, in poche centinaia di metri si raggiungono i primi meravigliosi edifici del Barisano; si mostra così in tutto il suo splendore il convento di Sant’Agostino, edificato alla fine del XVI secolo – e in parte rimaneggiato a metà del Settecento – su uno sperone roccioso a picco sulla Gravina. Dal sagrato della chiesa si gode della vista sulla vicina rupe e sugli orti terrazzati – oggi quasi interamente ricoperti da piante di fichi d’india – che degradano verso il torrente. A un passo anche il convento dei Padri Agostiniani, fondato nel 1592. Uno spettacolo senza eguali, delizia per gli occhi e, affacciandosi all’interno di uno dei tanti forni, per il palato.
Perché in questo spicchio di Basilicata la cultura del pane è cosa seria. Tradizione antica, strettamente connessa alla storia della città e del territorio. Un tempo si faceva in casa, dopo un segno della croce e una preghiera, “… criscj mass, com criscej Gesèj ndà la fascj… (cresci massa, come crebbe Gesù nelle fasce. ..)”: farina di grano duro di varietà locali, lievito madre, acqua e sale. Una volta pronto e reso riconoscibile dal timbro di famiglia realizzato in legno dai pastori durante la transumanza, veniva consegnato ai garzoni dei fornai e cotto, nel turno prenotato, nei forni a legna disseminati nei Sassi. Oggi come allora è rimasta, complice anche un rigorosa disciplinare, la tipica forma a cornetto con tre tagli centrali: crosta importante e mollica giallo paglierino i suoi tratti distintivi. E il sapore? Inimitabile, come la città in cui viene sfornato. Una magia che si ripete giorno dopo giorno, provare per credere.
SASSI DELLA CIVITA
Lo sperone della Civita delinea il confine tra il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano: I due “rioni pietrosi” rappresentano la parte più antica di Matera. Locali, botteghe e abitazioni sono scavate nel tufo.
Il viaggio alla scoperta delle meraviglie di Matera prosegue fino alla chiesa rupestre di San Pietro in Barisano, che a dispetto della facciata settecentesca in muratura nasce come chiesa ipogea nell’anno Mille: scavata nella calcarenite, con il suo campanile quadrangolare, si stacca dalla roccia sulla quale è addossata solo nella sua sommità, una caratteristica senza eguali in città. Strade percorribili solo a piedi si inerpicano allora per la parte più alta, chiuse tra i caratteristici edifici locali; oltre piazzetta San Biagio si scorge la torre Metellana, a testimonianza delle mura che proteggevano la città: incerta la sua collocazione nel tempo; c’è chi la associa ai romani, chi ai longobardi e chi ancora ai normanni. E poi il complesso monastico rupestre, risalente all’XI secolo, di Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, animato in ottobre da mostre internazionali di scultura. Proseguendo sul percorso che costeggia la Gravina, il piazzale del Belvedere offre una vista mozzafiato e anticipa l’ingresso nel Sasso Caveoso, con la chiesa di San Pietro in Caveoso, costruita all’inizio del XIII secolo, che si mostra con il suo campanile barocco aggiunto nel XVII secolo e il patrimonio di tele, affreschi e stucchi lasciati in dote dal Settecento. Una volta da quelle parti sarebbe un peccato non visitare le due chiese rupestri, San Pietro in Monterrone e Santa Lucia delle Malve, oltre alle bellezze di Santa Maria di Idris e San Giovanni in Monterrone, in un punto nel quale le suggestioni dell’in-contro tra natura, religione e ingegno umano si mostrano con una forza unica. E in questa zona non sarà difficile scovare il Bottegaccio del maestro Dino Daddiego che produce le sue opere in un piccolo museo della civiltà contadina: presepi realizzati in cartapesta, fini ceramiche, graziose pupe e giocondi cuccù sono in bella mostra, a palesare l’indissolubile connubio tra artigianato, arte e tradizione. A una manciata di minuti la Casa Grotta di Vico Solitario che permette invece di osservare gli interni di una tipica abitazione della prima metà del secolo scorso. Percorrendo via Bruno Buozzi si arriva al Convicinio di Sant’Antonio, un monumentale complesso di chiese rupestri composto da quattro cripte (Sant’Antonio Abate, Tempe Cadute, Sant’Eligio e San Donato) risalente al XII secolo: pregevoli gli affreschi che ne colorano gli interni.
E se le memorie di secoli più prossimi a noi sono conservate in edifici come il seicentesco palazzo Lanfranchi e il settecentesco palazzo dell’Annunziata, poco più lontano, su una collinetta, sorge il castello aragonese Tramontano che racconta una storia cinquecentesca; un colossale torrione centrale, due torri cilindriche, ponte levatoio e fossato per un progetto che secondo le intenzioni del conte Giovan Carlo Tramontano avrebbe dovuto replicare il Maschio Angioino di Napoli. La storia ci racconta che il conte, ucciso nel 1514, non ebbe il tempo di veder ultimata la sua opera. Non è cosa sbagliata raggiungerlo dopo aver curiosato tra le tante botteghe dei Sassi. Dallo Schiuma Post Design di Tommaso Schiuma in piazza San Francesco (divenuto celebre per le sue creazioni in legno: dalle casette che ricordano le abitazioni tipiche di Matera ai coloratissimi pupazzi dipinti a mano) a BgArte in piazza Vittorio Veneto (sculture in tufo e presepi in pietra). La verve creativa materana trova ulteriori stimoli in via delle Beccherie, all’indirizzo di Raffaele Pentasuglia (tra i suoi pupazzi in ceramica anche una simpaticissima fattucchiera che pare capace di scacciare il malocchio) o presso Feelosophy, esercizio guidato dall’idea artistico-artigianale di rappresentare le bellezze di Matera su biancheria per la casa con tessuti di qualità. Sul fronte ceramiche ecco Portapepice, in via San Francesco. E si rimane a bocca aperta nell’ammirare il lavoro di Nisio Lopergolo, professore e artigiano che in vicolo Garibaldi espone le sue più belle creazioni: sculture in bronzo, legno e terracotta, prodotti della tradizione locale, complementi d’arredo e bomboniere; tra le sue opere più apprezzate la Coppa di Pitagora (non ne esiste una uguale all’altra), capace di trattenere tutto il liquido se versato nella giusta misura ma di espellerlo completamente se si tenta di oltrepassare il limite segnato.
LA MURGIA MATERANA
Il Parco archeologico storico naturale delle Chiese rupestri del Materano, noto come Parco della Murgia Materana, è un altopiano calcareo che si estende per migliaia di ettari: fa da cornice a grotte e ripari naturali sfruttati dall’uomo sin dall’antichità.
A fare da cornice all’arte dell’uomo e a tanto splendore cittadino è la natura mediterranea che ricopre il Parco della Murgia Materana, visitabile a piedi, rigorosamente muniti di scarpe comode. Una gran varietà di specie vegetali autoctone ricopre un altopiano calcareo che si estende per migliaia di ettari contornando rupi, grotte e ripari naturali che l’uomo ha utilizzato come abitazione fin da tempi antichissimi. Un territorio solo all’apparenza ostile e disabitato: istrici, volpi e faine ne hanno fatto la propria casa, osservati dall’alto da capovaccai, i più piccoli avvoltoi europei, e dai falchi grillai. Tutto intorno oltre 150 chiese rupestri a testimonianza delle radicate vicende dei monaci della Murgia. Eremi, cripte, cenobi e basiliche ipogee si rincorrono traghettando nel profondo delle suggestioni medievali. I graffiti decorano gli archi della cripta di San Pietro in Principibus mentre la Madonna della Croce, il cui abside conserva un affresco della Madonna con Bambino, risale all’XI secolo. Un colpo d’occhio che mescolato a quello dei Sassi ha rapito anche Mei Gibson, che proprio in questi luoghi ha girato il suo The Passion of the Christ nel 2004.
Da Le Guide di Repubblica “Autostrada del Mediterraneo. Guida per viaggiare con gusto” – 2017